Pediatria

Screening neonatali: una fortuna nascere in Toscana

Pur essendo disponibili test per ben 40 patologie, in alcune regioni ci si ferma a tre. Il caso di Malika, morta per la tardiva diagnosi della malattia di Pompe, riaccende il dibattito

Un ritardo inaccettabile. La legge c’è ma manca la sua applicazione pratica. Stiamo parlando dell’estensione su tutto il territorio nazionale degli screening neonatali, esami effettuati nelle prime ore di vita che contribuiscono ogni anno a salvare molti neonati. E’ proprio a causa di questo ritardo che nei giorni scorsi Malika, una bambina emiliana di soli 4 mesi, è morta per una diagnosi tardiva della malattia che l’ha colpita. In qualche altra Regione – dove gli screening effettuati permettono di rilevare un maggior numero di malattie - probabilmente ciò non sarebbe successo.

 

DIAGNOSI VUOL DIRE SALVEZZA

A porre fine alla vita della piccola Malika è stata la “malattia di Pompe”, una grave patologia neuromuscolare rara che nel nostro Paese affligge 300 persone, “solo” 10 mila al mondo. La malattia, di origine genetica, è caratterizzata da un deficit nella produzione dell’enzima che degrada il glicogeno, molecola che funge da riserva di energia. Da ciò deriva che nelle cellule dell'organismo questa sostanza non può essere scomposta, accumulandosi così con il passare del tempo. A causa dell'eccessivo deposito le cellule vengono distrutte e le parti del corpo più colpite sono i muscoli e l’apparato respiratorio. La malattia, essendo di origine genetica, colpisce prevalentemente a partire dalla tenera età anche se esistono casi in cui si manifesta solo in età adulta. Intervenire il prima possibile è fondamentale ma per farlo occorre una diagnosi precoce. Per farla basta una goccia di sangue. Eppure nel nostro Paese non in tutti gli ospedali ciò è possibile.

 

TEST OBBLIGATORI PER TRE MALATTIE

Scopo dello screening è quello di individuare prima della comparsa dei sintomi malattie congenite per le quali una diagnosi precoce consente di iniziare rapidamente terapie specifiche che permettono una crescita e uno sviluppo adeguato e un buono stato di salute del bambino affetto. In Italia lo screening neonatale è obbligatorio però solamente per tre malattie congenite: l'ipotiroidismo, la fenilchetonuria e la fibrosi cistica. Da una decina d'anni a questa parte è disponibile uno screening allargato per permettere di identificare alla nascita la presenza di un rilevante numero di altre malattie metaboliche. Ad oggi è possibile individuare sino a circa 40 patologie, una di queste è la malattie di Pompe. Perché allora si verificano casi come quelli di Malika?

 

E’ LA REGIONE A FARE LA DIFFERENZA

La risposta sembra essere nella burocrazia. Già alla fine del 2013, l’articolo 1, comma 229 della Legge di Stabilità per il 2014, introduceva e finanziava lo screening neonatale esteso per un panel di malattie metaboliche che avessero una terapia. Ad oggi tutto ciò rimane sulla carta. Ecco perché la vera differenza sta nella regione nella quale si partorisce: in Toscana si effettuano tutti e 40 i test. Così, anche se solo da pochissimo, in Veneto. In Emilia-Romagna ben 24 ma non la malattia di Pompe. Molte, come Marche, Liguria, Lazio, Sicilia, Campania, Umbria e Sardegna dichiarano progetti pilota. In altre, purtroppo, solo quelle stabilite dalla legge del lontano 1992. Vengono però segnalati casi in cui alcuni punti nascita non riescono ad effettuare nemmeno il test sulla fibrosi cistica. Una disomogeneità francamente inaccettabile.

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