Artrosi: come riconoscerla e curarla

L'artrosi è una malattia con un impatto sociale importante. Saperla riconoscere e gestire è fondamentale. I consigli di Fondazione Veronesi.

COS’È L’ARTROSI

L’artrosi è una malattia reumatologica caratterizzata da lesioni degenerative della cartilagine articolare. Il processo non coinvolge solo la cartilagine, ma colpisce l’intera articolazione, inclusi l’osso subcondrale, la membrana sinoviale, i legamenti, la capsula e i muscoli peri-articolari. L'artrosi è certamente la più comune delle malattie dell’apparato muscolo scheletrico. Si calcola che, in media, il 15,1% della popolazione degli USA sia affetta da problematiche osteoarticolari classificabili come artrosi, mentre in Italia coinvolga quattro milioni di persone. La prevalenza dell'artrosi aumenta con il progredire dell’età ed è più alta nelle donne rispetto agli uomini; non vi è differenza fra etnie benché si registri una diffusione minore fra gli Asiatici. La prevalenza, infine, è maggiore fra i soggetti in sovrappeso e obesi. 

L’impatto sociale della malattia è molto alto. Si stima che almeno il 3% della popolazione abbia limitazione della propria attività lavorativa conseguente all’impegno articolare in corso di artrosi. Il processo degenerativo coinvolge una serie di modificazioni che conducono alla perdita della cartilagine articolare. La cartilagine è una struttura che riveste i capi articolari e ha la funzione di distribuire uniformemente il carico meccanico, di diminuire l’attrito durante il movimento e assorbire i micro-traumatismi derivati dal carico sull’articolazione. A seguito del consumo della cartilagine, i capi ossei contrapposti entrano in contatto e si danneggiano sottoposti alle forze d’attrito. Lesioni caratteristiche dell'artrosi sono gli “osteofiti”: piccole escrescenze di tessuto osseo che compaiono alla periferia delle zone sottoposte al carico e che hanno la funzione di aumentare la superficie di contatto e ridurre il carico  articolare. I distretti più colpiti dall’artrosi sono le ginocchia, le anche, la colonna cervicale e lombare e le piccole articolazioni delle mani. Quando clinicamente evidente, l’artrosi è caratterizzata da dolore, rigidità e limitazione funzionale delle articolazioni coinvolte.

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO DELL’ARTROSI

Numerosi sono i fattori che si associano e possono condizionare lo sviluppo dell’artrosi, in particolare l’età, il sesso, fattori meccanici, il sovrappeso, fattori genetici e malattie endocrino-metaboliche appaiono di rilevanza critica. 

Il rischio di artrosi aumenta con l’avanzare dell’età. Riguardo al sesso, l’artrosi di ginocchio, così come l’artrosi delle mani, è più frequente nelle donne che negli uomini. Le cause non sono solo ormonali. Sembra, infatti, che altri fattori come il metabolismo tissutale, la differente massa corporea e la genetica svolgano un ruolo rilevante nel determinare tali differenze. I microtraumi continuati, conseguenti a malformazioni articolari, così come i traumi ripetuti, che occorrono in particolari attività occupazionali o attività sportiva agonistica (calcio, tennis, tuffi), possono avere un ruolo critico nella genesi di alcune forme di artrosi. Fattori genetici hanno un ruolo nell’artrosi nodulare della mano (che predilige soggetti di sesso femminile della stessa famiglia), nella gonartrosi e spondiloartrosi (più frequenti nei gemelli mono e dizigoti). Altri fattori possono predisporre all’artrosi, come per esempio precedenti fratture e lesioni articolari, alcune malattie ematologiche (emofilia), l’osteonecrosi avascolare e altre malattie reumatiche  (chi soffre di artrite reumatoide e gotta risulta più esposto al rischio di sviluppare l’artrosi).

SINTOMI DELL’ARTROSI

Le manifestazioni cliniche dell’artrosi sono essenzialmente rappresentate dal dolore e dalla limitazione funzionale. Il dolore spesso inizia in maniera insidiosa, come dolore profondo, non presente a riposo, usualmente localizzato nelle articolazioni coinvolte ed è definibile come “meccanico”. Il dolore, cioè, compare o si accentua con il carico articolare, durante la stazione eretta e tende a migliorare durante le ore notturne per ricomparire durante il giorno. A differenza di quanto succede nell’artrite, si riduce o scompare con il riposo. Al dolore si associa una rigidità mattutina della durata di pochi minuti (di circa 10 minuti fino ad un massimo di 15-20 minuti) che si risolve con la mobilizzazione dell’articolazione. Si associa, inoltre, la limitazione funzionale di grado variabile a secondo dello stadio di malattia. Può essere reversibile nelle fasi iniziali per divenire stabile negli stadi avanzati quando si instaurano le deformità articolari. Il gonfiore dell’articolazione in corso di artrosi è caratterizzato da una tumefazione solitamente dura e dovuta alla presenza degli osteofiti. Caratteristico è il rilevamento, in seguito alla mobilizzazione, degli scrosci articolari (crepitii) prodotti dallo sfregamento dei capi articolari non più rivestiti e protetti dalla cartilagine.

COME DIAGNOSTICARE L’ARTROSI

Nel caso dell'artrosi, gli esami di laboratorio non sono utili per la diagnosi, poiché i risultati sono generalmente nella norma. Molti studiosi stanno intensamente cercando biomarcatori per una diagnosi precoce dell'artrosi, ma attualmente non sono utilizzabili nella pratica clinica. Gli specialisti cercano segni come dolore meccanico, limitazione funzionale, tumefazioni ossee e scrosci articolari nei pazienti potenzialmente affetti da artrosi. La radiografia convenzionale fornisce ulteriori conferme, mostrando riduzione asimmetrica della rima articolare, sclerosi dell'osso subcondrale, presenza di osteofiti e frequentemente cisti subcondrali. Nelle fasi avanzate si osservano sporgenze ossee e deformità articolari. L'ecografia ha un ruolo limitato nella diagnosi di artrosi, sebbene possa valutare l'integrità della cartilagine in alcune articolazioni. La risonanza magnetica nucleare è utile per rilevare le alterazioni artrosiche nelle fasi precoci della malattia.

COME CURARE L’ARTROSI

Non esiste un farmaco in grado di “fermare” l’artrosi. L’approccio terapeutico si basa su modifiche dello stile di vita, su un approccio farmacologico e/o chirurgico

Il primo approccio, riguardante le abitudini di vita e alimentari, punta a far recuperare al paziente artrosico uno stile di vita attivo, oltre all’adozione di un regime dietetico mirato a ottenere una perdita di peso (se necessaria), soprattutto nel caso in cui la malattia coinvolga articolazioni sottoposte a carico (ginocchia, anca, caviglie). Oltre all’aumento ponderale, la sedentarietà è infatti responsabile di perdita del tono muscolare, con conseguente riduzione della stabilità delle articolazioni. Una graduale riduzione del peso corporeo in rapporto all’età, alle condizioni generali del soggetto e alle eventuali patologie associate, è indispensabile per non vanificare gli effetti di altre terapie. È importante inoltre correggere eventuali alterazioni metaboliche (diabete, iperuricemia, dislipidemia); correggere eventuali disturbi vascolari (insufficienza venosa degli arti inferiori); adottare posture idonee diurne e notturne; svolgere una regolare attività fisica; proteggere adeguatamente le articolazioni. 

La terapia farmacologica è rivolta ai pazienti nei quali il primo approccio non è sufficiente. Possono essere usati farmaci analgesici (paracetamolo), farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans), inibitori selettivi della ciclossigenasi-2 (COX2 inibitori). In alcuni casi possono essere utili iniezioni intrarticolari di corticosteroidi (per ridurre il gonfiore e dare sollievo dal dolore, quando all’artrosi si associa un processo infiammatorio). Altra opzione terapeutica sono i farmaci condroprotettori, il cui scopo è quello di  stimolare i processi riparativi della cartilagine mediante la somministrazione dei costituenti elementari della matrice. Il più importante è l’acido ialuronico, utilizzato con beneficio per via intraarticolare, supportato dalla supplementazione dietetica con integratori a base di  glucosamina, il condroitin-solfato, diacerina, S-adenosil-metionina (da assumere comunque su indicazione specialistica). L’efficacia di tale terapia è stata dimostrata in particolare sulla capacità di ridurre l’entità del dolore articolare.

L’approccio chirurgico, con l’applicazione di protesi di ginocchio e anca, diviene quello più appropriato quando l’artrosi è in fase avanzata e si sono instaurate alterazioni anatomiche che abbiano modificato in modo irreversibile la biomeccanica dell’articolazione.

Consulenza: SIR - Società Italiana di Reumatologia sotto la supervisione della Prof.ssa Elena Bartoloni Bocci

NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico

Pubblicato il:08.05.2025
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