Chi l'ha detto che in seguito alla chemioterapia non è più possibile avere figli? I dati dicono esattamente il contrario: complici le sempre più moderne tecniche di prelievo di tessuto ovarico e lo sviluppo di nuovi farmaci preservare la fertilità non è più un miraggio. Un esempio? Secondo un’analisi presentata in questi giorni all'European Cancer Congress di Vienna, uno degli appuntamenti più importanti nella lotta ai tumori, l'utilizzo della terapia ormonale durante la chemioterapia per il tumore al seno è in grado di proteggere le donne dalla menopausa precoce in quasi la metà dei casi. I risultati sono stati pubblicati in contemporanea al congresso dalla rivista Annals of Oncology.
RISCHIO MENOPAUSA PRECOCE
Come spiega il dottor Matteo Lambertini, oncologo presso l'IRCCS San Martino-IST di Genova, «uno degli effetti collaterali della chemioterapia è il danneggiamento del tessuto ovarico. Non è raro che le donne che si sottopongono alle cure vadano in menopausa precoce». Dal momento che l'incidenza del tumore al seno - ovvero il numero di nuovi casi - è in crescita anche nelle donne tra i trenta e i quarant'anni, è facilmente intuibile che in queste donne il desiderio di avere un figlio si scontri con la realtà di un ovaio che non può più generare ovociti maturi.
METTERE A RIPOSO LE OVAIE
Per ovviare a questo problema negli ultimi anni si sono sviluppati degli approcci volti a cercare di preservare la fertilità. Uno di essi prevede il prelievo degli ovociti e il successivo congelamento in attesa di terminare la chemioterapia. Accanto a questo metodo utilizzato già da diverso tempo negli ultimi anni si è fatto largo un approccio che si basa sulla somministrazione, in concomitanza con la chemioterapia, di un analogo dell'ormone ipotalamico che stimola la secrezione di luteina (LHRHa). La sostanza in questione - ne avevamo già parlato in occasione del congresso mondiale di oncologia - è capace di mettere a riposo le ovaie preservandole da possibili danneggiamenti indotti dalla chemio. Un'opzione in più se si considera che in molti casi iniziare le terapie il prima possibile è di fondamentale importanza e non c'è tempo per il prelievo di tessuto ovarico.
AVERE FIGLI E' POSSIBILE
«Analizzando i dati provenienti da numerosi studi che hanno coinvolto oltre 1200 donne abbiamo scoperto che la temporanea sospensione dell'attività ovarica è in grado di ridurre in maniera significativa il danno prematuro dell'organo. Non solo, ciò sembrerebbe associato ad un aumento delle probabilità di concepire un figlio in seguito alla malattia», spiega Lambertini. In particolare dalle analisi è emerso che le probabilità di andare incontro a menopausa precoce si sono ridotte del 45 per cento. Molti degli studi esaminati indicano inoltre che la procedura è sicura anche nei tumori positivi ai recettori ormonali, la maggioranza dei casi in giovani donne e sui quali diverse linee guida ancora sono caute. Risultati importanti che hanno indotto gli autori dello studio a chiedere che questa modalità di intervento (finora considerata sperimentale e non rimborsata dal Servizio sanitario nazionale) possa essere inserita come trattamento standard per le donne in età fertile con tumore del seno.
