«Ripudiamo la guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali, condanniamo l’aggressione dell’esercito russo verso la popolazione ucraina; sosteniamo con forza che è dovere professionale di tutti gli operatori di sanità pubblica agire per la prevenzione dei conflitti armati e per la promozione della pace e del disarmo». L’editoriale dell’ultimo numero della rivista di Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) non lascia dubbi e mette l’accento, in maniera chiara e autorevole, su quello che è un dovere legato alla professione di medico e operatore sanitario: ripudiare la guerra. «Il riferimento ovvio è quello al Giuramento di Ippocrate - spiega Rodolfo Saracci, già presidente dell’International Epidemiological Association e firmatario dell’articolo insieme a Lucia Bisceglia, presidente AIE - che vede la cura come dovere fondante e prioritario al di sopra di ogni questione di ordine politico, economico o di altra natura».
LA PACE? FA PARTE DELLA MISSIONE DEI MEDICI
Già nel 1981, cita l’editoriale, «l’Assemblea Generale dell’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che il ruolo dei medici e di tutti gli operatori sanitari nella conservazione e nella promozione della pace è il principale fattore per il raggiungimento della salute per tutti. Nel 2001 l’Associazione Italiana di Epidemiologia dichiarava che la prevenzione delle perdite umane dovute alla guerra e al terrorismo rientra nella missione degli operatori sanitari al pari della prevenzione delle malattie e di altre cause di morte: su questi principi, nel 2004 si è costituito il Gruppo di lavoro AIE e guerra, coordinato da Giuseppe Gorini e Pirous Fateh-Moghadam, con l’obiettivo di approfondire il tema delle conseguenze sanitarie di guerra e terrorismo e di esplorare quale ruolo specifico e quali possibili attività di prevenzione potrebbero essere svolti in questo campo da chi si occupa di epidemiologia e di sanità pubblica in Italia».
PRIMO: ATTIVARE LA DIPLOMAZIA DELLA SALUTE
«Tre sono i punti salienti per agire concretamente nell’ottica della salvaguardia della salute di ogni individuo» prosegue Saracci. Primo: «Sollecitare il Ministero della salute ad attivare tutti i canali di “diplomazia della salute” nei confronti dei Paesi in guerra e mediati da organismi come OMS e UNICEF, allo scopo di un’immediata sospensione delle operazioni di guerra. L’obiettivo è quello di aprire effettive e, non solo simboliche, negoziazioni. Il Ministero della Salute, in quanto detentore e garante del benessere collettivo e individuale, ha un’autorevole voce in capitolo a riguardo».

SECONDO: TENERE APERTO IL DIALOGO
Secondo: «Fondamentale, inoltre, è rendere agevoli i collegamenti con il personale sanitario presente sia in Ucraina sia in Russia, con l’obiettivo di stimolare il dialogo e incentivare operazioni concrete di supporto medico-sanitario». Il professor Saracci ha tenuto a precisare anche l’entità di un atto, a dir poco discutibile e in direzione opposta alla cooperazione, in base al quale la European Society of Cardiology ha temporaneamente sospeso i cardiologi russi dalla partecipazione ai congressi. «Un’occasione persa - ha detto - per instaurare un importante momento di dialogo e confronto».
TERZO: MONITORARE LA SITUAZIONE DEI RIFUGIATI
Terzo punto: «Un altro aspetto imprescindibile è infine quello legato all’osservazione epidemiologica deputata all’assistenza sanitaria della crescente popolazione di rifugiati in arrivo. Il supporto dovrebbe avvenire contemporaneamente a livello regionale e statale. La finalità quella di creare una sorta di registro di coloro che fuggono dalla guerra per monitorare la loro situazione di salute, sia in relazione alla presenza di eventuali patologie croniche e acute, sia in relazione all’effettuazione delle vaccinazioni pediatriche e anti Covid».
RICONSIDERARE SVILUPPO E RISORSE
«La prevenzione dei conflitti - così recita l’editoriale che vuole fornire strumenti utili di riflessione a prescindere dall’emergenza stretta - passa necessariamente da un ripensamento delle attuali logiche di sviluppo». Si mette l’accento su quanto l’aggressione russa in atto sia collegata al tema dell’energia e del dominio sulla distribuzione dei combustibili fossili. «Gli effetti sui mercati sono già visibili - prosegue l’editoriale - con un aumento dei costi che rischia di mettere in ginocchio molti sistemi economici. Le risposte che vengono fornite appaiono totalmente inadeguate», finiscono per conservare anziché scardinare modelli di sviluppo e produzione «alla base di questo e di tanti altri conflitti, ma anche dei processi di cambiamento climatico e di compromissione della qualità dell’ambiente, responsabile di imponenti effetti ambientali sanitari negativi». Nei giorni scorsi, a questo riguardo, è stata avviata un’iniziativa, a cui AIE ha aderito. È quella del Gruppo Mind’s for One Health che riunisce attualmente una cinquantina di esperti di diverse discipline con lo scopo di indicare soluzioni concrete: accelerare il passaggio verso le energie alternative e adottare un Piano emergenziale straordinario di misure per il risparmio energetico, introducendo il concetto di sufficienza (sobrieté).