Partorire fuori dalle mura ospedaliere aumenta di tre volte il rischio di complicanze per mamma e neonato. I risultati presentati al congresso della Society for Maternal-Fetal Medicine
L'ospedale è il posto più sicuro dove partorire. Sono i numeri a certificarlo: partorire a casa aumenta il rischio di morte neonatale di 2,6 volte perché non è possibile controllare attentamente parametri clinici e strumentali come in ospedale e soprattutto, in caso di emergenza, non si può intervenire tempestivamente e in maniera adeguata. Ad affermarlo è uno studio realizzato dalla Ben-Gurion University of the Negev (Israele) e presentato nei mesi scorsi al congresso della Society for Maternal-Fetal Medicine.
IN OSPEDALE SI E' PRONTI AD INTERVENIRE
Per arrivare al risultato i ricercatori israeliani hanno confrontato gli esiti di oltre 240 mila nascite confrontandole con le quasi 3600 avvenute o fra le mura domestiche o in luoghi diversi dall'ospedale. Dalle analisi è emerso che il rischio di complicanze per madre e bambino è inferiore di quasi tre volte quando il parto avviene in ospedale. «In passato - spiegano gli autori - la differenza fra partorire in casa o in ospedale era meno evidente, perché le conoscenze mediche erano inferiori. Oggi è netta. Nonostante gli avanzamenti tecnologici, il parto è inevitabilmente un momento ad alto rischio per mamma e bebè. In clinica però è possibile monitorare entrambi ed essere pronti a intervenire subito in caso di bisogno».
DEMEDICALIZZARE IL PARTO
Un risultato che conferma ancora una volta la necessità di comunicare correttamente i possibili rischi legati al parto. Anche se nel nostro Paese sono molto rare, le nascite che avvengono tra le mura domestiche per una precisa scelta sono lo 0,01%. «La Società Italiana di Neonatologia - spiega il presidente Fabio Mosca - continua a sostenere che l'ospedale è il posto più sicuro dove partorire: farlo in casa espone mamma e neonato a rischi maggiori e imprevedibili. Siamo tuttavia altrettanto convinti che il parto vada demedicalizzato, per garantire “l'intimità” delle mura domestiche anche in ospedale, per esempio favorendo il contatto pelle a pelle subito dopo la nascita, il rooming-in durante la permanenza in ospedale e l’allattamento al seno».