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Epatite C: nuovi farmaci ok, ma attenzione alle resistenze

Come fu per gli antibiotici le nuove molecole, se date in maniera non appropriata, rischiano di generare resistenza compromettendo la lotta all'epatite. Il messaggio lanciato all'AASLD di San Francisco

Oggi guarire dall'epatite C non è più un'utopia. Grazie ai nuovi farmaci sbarcati sul mercato ormai da un paio di anni il virus non fa più paura. Attenzione però a non cantare vittoria. Le molecole utilizzate per combattere il virus devono essere prescritte in maniera appropriata altrimenti il rischio - come accadde per gli antibiotici - è quello di generare resistenze capaci di rendere inefficaci le cure. Il rischio è dunque quello di ritrovarci in futuro con una malattia ancor più difficile da trattare. E' questo uno dei principali messaggi che emerge dal convegno AASLD (American Association on Liver Disease) appena conclusosi a San Francisco (Stati Uniti).

UNA MALATTIA, TANTI VIRUS

«L’epatite C - spiega Carlo Federico Perno, primario dell’Unità Complessa di Virologia Molecolare al Policlinico di Roma Tor Vergata - è una malattia del fegato causata dal virus Hcv: una volta che ha raggiunto le cellule epatiche, scatena un’infiammazione generalizzata che nel lungo termine può portare a cirrosi e carcinoma epatico». Un virus che in realtà è presente in diverse forme -i cosiddetti genotipi- e che per questa ragione rende difficile lo sviluppo di farmaci e vaccini.

LE CURE OGGI

A differenza del passato, quanto le prime terapie avevano una percentuale di successo pari al 5%, oggi la ricerca ha fatto passi da gigante. «Le molecole che usavamo -continua Perno- avevano la caratteristica di agire solo ed esclusivamente su un unico meccansimo. In realtà il virus mette in atto numerose strategie per sopravvivere.

Creare una terapia in grado di attaccare il virus su più fronti rappresenta l'unica strategia vincente per eliminarlo. Oggi fortunatamente abbiamo farmaci che agiscono in questo modo sui 3 differenti meccanismi che il virus mette in atto per replicarsi». Al momento nel nostro Paese l’Agenzia Italiana del Farmaco ha autorizzato il daclatasvir della Bristol Myers Squibb, il «cocktail 3D» della Abbvie, la combinazione ledipasvir-sofosbuvir della Gilead e il simeprevir di Janssen. Molecole che nelle loro diverse combinazioni si sono dimostrate efficaci nell'eradicare definitivamente il virus addirittura nel 98% dei casi.

PERCHE' CURARE?

I costi di queste molecole sono ancora proibitivi ma con l'arrivo sul mercato di molti farmaci simili gli esperti sono fiduciosi che il prezzo cali sensibilmente. La strategia è però chiara: nel lungo periodo l'obbiettivo è curare tutti quelli che hanno il virus. I vantaggi -anche in termini economici- sono infinitamente superiori rispetto agli investimenti.

Eradicare il virus significa ridurre la possibilità che la persona affetta da epatite C vada incontro a cirrosi e tumore del fegato. Non solo, secondo uno studio presentato al congresso statunitense grazie alla cura si ridurrebbero le liste di attesa per i trapianti di fegato poiché il 30% delle persone inserite lo sono proprio per danni all'organo causati dal virus. Infine, dato da non trascurare, le'liminazione del virus consente una maggior efficacia dei farmaci contro l'HIV (molte persone sieropostivive sono affette anche da epatite C).

RISCHIO RESISTENZA

I farmaci dunque ci sono ma attenzione però a non pensare che una molecola vale l'altra per eradicare il virus. «Nella cura dell'epatite C dobbiamo fare memoria della storia degli antibiotici. Bisogna utilizzare il migliore subito.

Il virus muta molto velocemente e se forniamo combinazioni senza un criterio ben definito il rischio è quello di bruciare intere classi di farmaci. Ecco perché oggi è vietato sedersi sugli allori. Non è un caso che le aziende stiano ora sviluppando farmaci di terza generazione che avremo sul mercato tra diversi anni» conclude Perno.

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