Alimentazione

Alcol: 2,7 milioni di anziani ne consuma troppo

La sensibilità agli effetti dell’alcol aumenta con il mutamento fisiologico dell’organismo dettato dall'età. I limiti da non superare nella terza età

Sono i più sensibili, assieme ai giovani e alle donne. Gli anziani rappresentano una delle categorie a maggior rischio, quando si parla di alcol. Ma a fronte della loro vulnerabilità, la coscienza è ancora ridotta. Molti over 65 non conoscono infatti il limite della singola unità alcolica (12 grammi di alcol) indicato dalla comunità scientifica per non porre a rischio la propria salute. «Con l’avanzare dell’età si diventa più suscettibili agli effetti del consumo di alcol, in un periodo della vita in cui è più elevata la presenza di una o più malattie e più frequente l’uso di farmaci incompatibili con gli alcolici», è il messaggio condiviso dagli esperti riuniti a Roma in occasione dell'Alcohol Prevention Day.

COSI' L'ALCOL AUMENTA
IL RISCHIO DI CANCRO 

ALCOL E ANZIANI IN ITALIA

Sfogliando il rapporto Istisan presentato all'Istituto Superiore di Sanità, si nota che nel 2017 sono stati 2,7 milioni i consumatori «senior» a rischio. Ovvero, coloro che hanno ingollato mediamente più di un bicchiere di vino o di superalcolico, al pari di un boccale di birra, al giorno. Complessivamente, l'indagine epidemiologica ha permesso di rilevare che l'80,6 per cento degli uomini e il 46,2 per cento delle donne fa uso di bevande alcoliche. Consumi oltre la soglia sono stati misurati nel 36,4 per cento dei maschi e nell'8,6 per cento delle signore. I dati più significativi riguardano le persone di età compresa tra 65 e 74 anni: in questo caso a rischio sono considerati più di un uomo su tre e quasi una donna su dieci. Col passare degli anni, gradualmente, i consumi calano. In valore assoluto, si parla comunque di quasi tre milioni di persone. «Si tratta di individui spesso difficili da intercettare, che rappresentano una quota ormai stabile da anni - commenta Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio Nazionale Alcol dell'Istituto Superiore di Sanità e blogger di Fondazione Umberto Veronesi -. Servirebbe un'azione immediata da parte dei medici curanti, che troppo spesso non comunicano la necessità di sospendere l’assunzione di alcolici in conseguenza ai propri assistiti anziani». Anzi: sovente resiste il falso mito del «bicchiere al giorno», fatto passare per innocuo se non proprio benefico. Qualcosa di «contrario alla salute e al benessere dell'anziano», aggiunge Scafato. 

I RISCHI PER LA SALUTE

Ma perché è giusto considerare gli anziani dei soggetti più fragili rispetto agli adulti? La motivazione è da ricercare nella maggiore vulnerabilità agli effetti tossici delle bevande alcoliche. Negli anni, a livello metabolico, è come se il nostro corpo ritornasse bambino. Con il passare del tempo, l'organismo perde progressivamente la capacità di metabolizzare l’alcol che, di conseguenza, tende a rimanere in circolo e a portare avanti l'azione tossica e cancerogena. Problemi di coordinazione e di movimento e cadute possono manifestarsi come effetto collaterale del consumo di bevande alcoliche, andando così ad aggiungersi al fisiologico indebolimento muscolare e osseo. A ciò occorre aggiungere il «sovraccarico» nei confronti del fegato e dei reni: anch'essi già in parte debilitati dall'età che avanza e dalla frequente assunzione di farmaci. Tutti aspetti noti, ma su cui si pone poco l'attenzione quando si ha di fronte una persona con i capelli bianchi.

PREVENZIONE PER LA TERZA ETA'

Considerando che, sul totale di tre milioni di consumatori anziani a rischio, vi sono oltre oltre un terzo di over 75 e 300mila ultra 85enni, la problematica andrebbe affrontata in tempi piuttosto stretti. Alla stregua di quanto si sta cercando di fare nei confronti dei giovanissimi. Il numero assoluto di bevitori a rischio con più di 65 anni è con ogni probabilità sottostimato (molti di loro sfuggono ancora ai medici) e destinato ad aumentare come conseguenza dell'invecchiamento della popolazione. «Ridurre i consumi di alcol in questa popolazione permetterebbe di contenere il peso delle malattie croniche: a partire dai tumori - prosegue Scafato -. Per ridurre l'impatto dell'alcol nel corso della terza età, occorre informare in modo corretto gli anziani e lavorare a scopo preventivo sugli adulti di oggi. Chi è nato nel secondo Dopoguerra ha una predisposizione culturale e una maggiore disponibilità economica che agevolano il consumo di queste bevande». 

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