Tumore del pancreas: la prevenzione passa dalla dieta
In occasione della Giornata mondiale, le indicazioni sui fattori di rischio e sui comportamenti per prevenire il tumore del pancreas, uno dei più aggressivi
Oggi si celebra la sua giornata mondiale, ma in realtà è ancora presto per festeggiare. Il tumore del pancreas rimane ancora difficile da trattare. In Italia il numero dei nuovi casi è in aumento: +18 per cento dal 2010 a oggi.
Mentre la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi ammonta al sette per cento: un dato superiore alla media europea (6.9), ma troppo basso per regalare soddisfazione. Alla base di questi numeri, c’è uno scenario ben definito. La biologia del tumore è abbastanza chiara, ma nessun farmaco ha finora restituito i risultati attesi. Di conseguenza non esistono al momento strategie per mettere in atto la diagnosi precoce.
Preso atto della difficoltà di curare «una delle forme di cancro a prognosi più sfavorevole, in cui la diagnosi avviene spesso quando la malattia è già metastatica e risulta a uno stadio incurabile», parola di Carmine Pinto, direttore della struttura complessa di oncologia dell’Irccs Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), l’unica forma di prevenzione attuabile è quella primaria. Ovvero: dieta, attività fisica, mantenimento del peso forma, stop al fumo e prudenza col consumo di bevande alcoliche. Tutto ciò perché l'obesità e il diabete di tipo 2sono fattori di rischio certi per la malattia. «Non esiste una forma di prevenzione specifica per il tumore del pancreas - aggiunge Evaristo Maiello, responsabile della struttura complessa di oncologia medica della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) -. I dati ci dicono che l’incidenza, al pari della mortalità, è inferiore nelle regioni meridionali: segno che il maggiore consumo di frutta e verdura gioca un ruolo protettivo, così come si vede per il tumore del colon-retto».
TUMORE AL COLON NEGLI UNDER 50: SI PUO' FARE PREVENZIONE?
L’IMPORTANZA DI RIVOLGERSI AI CENTRI SPECIALIZZATI
Purtroppo però soltanto un caso su cinque di tumore del pancreas viene scoperto in una fase precoce, in cui è possibile il ricorso alla chirurgia. A riguardo, gli specialisti concordano: «È importante che tumori come questo vengano trattati in reparti che presentano volumi robusti. Nel caos specifico meglio rivolgersi a un chirurgo che rimuove almeno cento tumori del pancreas ogni anno. Ma è importante anche che nella struttura ci sia un’equipe di alto livello: dalla diagnostica per immagine all’anatomia patologica, dall’oncologia medica alla chirurgia».
Diversamente, le stime della comunità scientifica sono destinate a diventare realtà. Oggi il tumore del pancreas rappresenta la quarta causa di mortalità oncologica in Europa, ma potrebbe diventare la seconda in Europa a partire dal 2030. «Occorre accrescere la consapevolezza riguardante i possibili segni e sintomi della malattia: dall'insorgenza di un diabete di tipo 2 inatteso al dolore addominale cosiddetto a sbarra, dal mal di schiena al cambiamento delle abitudini intestinali, con emissione di feci grasse», aggiunge Matthias Lohr, docente di gastroenterologia al Karolinska Institutet di Solna/Stoccolma, dove dirige anche il laboratorio di ricerca clinica sulle malattie pancreatiche.
LE «ARMI» A DISPOSIZIONE
Sul totale delle diagnosi, una quota pari al 7-8 per cento ha un’origine familiare. Le mutazioni del Dna, in questo caso, sono state identificate a livello dei geni Brca 1 e 2: gli stessi coinvolti nelle forme eredo-familiari dei tumori al seno, dei tumori dell'ovaio e dei tumori della prostata. Come si interviene su questo tipo di tumore? Detto della chirurgia, applicabile soltanto a un numero ristretto di casi, per vent'anni la malattia è stata fronteggiata con la gemcitabina, un chemioterapico usato prima da solo e poi in combinazione. Ed è proprio dall’abbinata con una nuova molecola (composta da un chemioterapico legato all'albumina) che sono stati ottenuti i risultati più incoraggianti. «Questa terapia permette di arrivare alla radice del tumore - chiosa Maiello -. Oltre che nella scarsa specificità dei sintomi, la difficoltà nel curare l’adenocarcinoma del pancreas sta anche nella localizzazione anatomica dell’organo, che favorisce la diffusione delle metastasi al fegato e al peritoneo. L’efficacia del farmaco si associa a una buona tollerabilità da parte del paziente, con una gestione importante della sintomatologia associata alla malattia».