Il tema, sebbene deciso con largo anticipo, casca a fagiolo e pare una replica alle conclusioni tratte da Bert Vogelstein nello studio pubblicato un mese fa su Science. La Giornata Mondiale contro il Cancro, in programma come ogni anno il 4 febbraio, ruota attorno al tema della prevenzione. Altro che i riferimenti al caso e alla sfortuna. Il cancro, per dirla con le parole degli organizzatori, «può non andare oltre di noi: esistono soluzioni alla portata per affrontare in maniera efficace la malattia».
LA SFIDA DELLA PREVENZIONE
La Giornata Mondiale contro il Cancro, organizzata dall’organizzazione no-profit Union for International Cancer Control, è da sempre un’occasione per sensibilizzare la popolazione sul tema. Se l’anno scorso si era deciso di sfatare il campo dai falsi miti, oggi l’obiettivo è puntato sulla prevenzione. Quattro i punti principali all’ordine del giorno: si parte dalla scelta di uno stile di vita sano (no a fumo e alcol, sì a dieta ed esercizio fisico, equilibrata esposizione ai raggi solari) e si prosegue con la necessità di puntare sulla diagnosi precoce (partecipazione costante alle campagne di screening e adesione alle campagne di vaccinazione contro i virus Hbv e Hpv, responsabili dei tumori al fegato e alla cervice uterina), con l’auspicio che le migliori terapie siano disponibili su larga scala e che la qualità di vita dei malati possa migliorare in maniera omogenea. La sfida, d’altronde, non può essere rimandata. Ogni anno, nel mondo, muoiono 8,2 milioni di persone a causa del cancro: la metà delle quali tra i 30 e i 69 anni. L’ultimo monito giunge da uno studio inglese pubblicato sul British Journal of Cancer: i tassi di sopravvivenza sono in aumento, ma vivendo più a lungo si può stimare che almeno 1 persona su 2 incrocerà il tumore nel corso della propria esistenza. Dunque se non si adotteranno iniziative concrete - sostiene l’organizzazione - si arriverà a 26 milioni di nuovi casi e a 17 milioni di morti entro il 2030, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Più che di un problema, trattasi di un’epidemia.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
I casi di malattia sono in aumento: come i tassi di guarigione, però. A partire dall’Italia, infatti, i decessi per cancro sono in netto calo. In circa vent’anni, dal 1996 al 2014, le morti sono diminuite del 18% fra gli uomini e del 10% fra le donne. Stabile è anche il numero delle diagnosi effettuate nel 2104: 365.500 nel 2014 - erano 366mila nel 2013, 364mila nel 2012 e 360mila nel 2011 -, con una incidenza maggiore negli uomini (54%) che nelle donne (46%). Anche in questo caso, però, una buona parte delle responsabilità sono da ricondurre ad alcune scelte sbagliate. «Basti pensare che un terzo degli under 35 è tabagista», ricorda Carmine Pinto, ordinario di oncologia medica all’Università di Parma e presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). Se è vero che almeno un terzo delle neoplasie possono essere evitate a partire dalla tavola, si deduce che lungo la Penisola si sarebbero potute evitare almeno centoventimila diagnosi: soltanto nel 2014. Sul tema della consapevolezza, dunque, la strada da percorrere è ancora lunga.
COME QUEL CHE MANGIAMO PUO' FARCI AMMALARE?

LA PREVENZIONE PARTE DALLA TAVOLA
Per questo motivo gli oncologi italiani, oltre a invitare a prendere le distanze dalle sigarette, ribadiscono alcuni consigli di facile attuazione: ridurre il grasso corporeo, fare attività fisica (almeno mezz’ora al giorno), limitare il consumo di cibi calorici, bevande alcoliche e zuccherate, ridurre il consumo di carni rosse (non oltre mezzo chilo a settimana) ed evitare gli insaccati, mangiare 4-5 porzioni di frutta e verdura ogni giorno, evitare di esporsi troppo al sole e aderire ai programmi di screening (cervice uterina, mammella e colon-retto) inseriti nei Livelli essenziali di assistenza.