Neuroscienze

È ora di cambiare il modo di definire gli psicofarmaci

«Ma come, soffro d’ansia e lo psichiatra mi ha dato un antipsicotico. Mica ho allucinazioni, io!» Oppure: «Mi ha fatto una diagnosi di depressione bipolare 2 e poi con la sua ricetta ritiro in farmacia delle pastiglie che c’è scritto sono contro l’epilessia. Io non le prendo di sicuro, quello è matto». Non sono tanto infrequenti questi stupori e questi sdegni tra chi riceve una prescrizione di psicofarmaci. E proprio all’ultimo convegno, a Berlino, all’European College of Neuropsychopharmacology (Ecnp) sono stati gli psichiatri a porre il problema dei nomi di queste medicine.

E’ ora di cambiarli, hanno proposto a gran voce. Come mai? La professoressa Nicoletta Brunello, che a Berlino c’era e che è ordinario di Farmacologia all’Università di Modena e Reggio Emilia, spiega: «Proprio per evitare che si crei confusione tra i pazienti, e anche per maggior chiarezza per i medici, è stato chiesto da molte organizzazioni che si cambi la terminologia per gli psicofarmaci: non più basata sui sintomi (antidepressivo, ansiolitico…), ma sulla funzione farmacologica (agisce sulla serotonina, sulla dopamina…). Come avviene per esempio nel caso degli antipertensivi, definiti calcio-antagonisti o ace-inibitori».

 

LA PAURA DELLO STIGMA

Nel settore psichiatrico la questione è più delicata che in altri ambiti «perché qui scatta lo stigma, l’etichetta (negativa), che uno si sente appiccicare addosso se prende qualcosa che si usa anche per la schizofrenia, per esempio. O la paura della diagnosi sbagliata in chi è già ansioso e, avendo accusato attacchi di panico, legge che gli hanno dato come cura un antidepressivo». Come mai accade questo? Il fatto è che un farmaco ottiene l’autorizzazione legale (e la denominazione) per il disturbo che è stato studiato per primo. Poi, nel tempo, quella pastiglia o quelle gocce possono rivelarsi efficaci anche per altri problemi, ma il foglietto che accompagna le medicine non viene cambiato.

Sta all’aggiornamento dei medici conoscere queste altre funzioni. La professoressa Brunello illustra il caso dell’epilessia: «Non di rado è accompagnata dalla depressione e i clinici hanno osservato che il farmaco antiepilettico migliorava anche lo stato dell’umore. Allora sono stati condotti studi su depressi non epilettici e si è avuta la conferma che quella molecola agisce come stabilizzatore dell’umore nei bipolari. Da qui l’impiego, non scritto sul foglietto, di quel farmaco registrato contro l’epilessia come antidepressivo. Sono quelle che si chiamano prescrizioni off label, cioè al di fuori dell’indicazione registrata e possibili in un quadro di regole legali ben precise».

 

VEDI ALLA VOCE ASPIRINA

Ma sono tante le molecole farmaceutiche che rivelano più funzioni. A Berlino hanno fatto l’esempio dell’aspirina, che si prende per il mal di testa, ma anche per prevenire disturbi cardiovascolari. Ora, nel campo della psicofarmacologia la discussione è avviata. Il cambio della terminologia sarà un vantaggio per i pazienti, rassicurati, e per i medici, meglio orientati.

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