Nella comunità scientifica lo chiamano fumo di terza mano. Ma in questo caso l’usato è tutt’altro che sicuro. Le sostanze prodotte con la combustione e immesse nell’aria di uno spazio chiuso rientrerebbero nella categoria del fumo passivo: dotate di un effetto cancerogeno legato alla capacità di queste molecole di alterare il Dna. Chi fuma in casa espone i familiari al fumo di terza mano, in grado di depositarsi su tende, tappeti, mobili, suppellettili e indumenti.
NO AL FUMO INDOOR
Nei luoghi pubblici non si fuma da più di dieci anni. Nei cortili delle scuole da quasi un anno: e i primi risultati sono confortanti. Così i fumatori, per non estraniarsi o fumare da soli per strada, finiscono per fumare spesso tra le mura domestiche. E anche se lo fanno quando sono da soli, espongono comunque a un alto rischio i conviventi. Gli effetti del fumo “di terza mano”, infatti, sono ormai documentati. L’ultimo riscontro risale a qualche mese fa, quando uno studio pubblicato su Mutagenesis ha dimostrato, attraverso due saggi in vitro, come la nicotina sprigionata riesca, interagendo con l’ossido nitroso, a sintetizzare le nitrosamine, riconosciuti come cancerogeni indiretti dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) e in grado di provocare alterazioni nel Dna cellulare. «Il fumo di terza mano è più concentrato e rimane sulle superfici per almeno 4-6 ore - commenta Roberto Boffi, pneumologo responsabile del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano -. Il consiglio è di aprire le finestre e, quando si fuma sul balcone, aspettare qualche minuto prima di rientrare in casa».

RISCHIO EMULAZIONE
A essere più esposti al fumo di terza mano sono soprattutto i bambini che, sedendosi a terra, gattonando, toccando gli oggetti e poi mettendo le mani in bocca, rischiano di arrivare più spesso a contatto con i residui delle sigarette. Ricerche eseguite in Italia hanno dimostrato che il 52% dei bambini nel secondo anno di vita è abitualmente esposto al fumo passivo. Riguardo l'esposizione al fumo nelle famiglie italiane, invece, gli ultimi dati Istat disponibili riportano che il 49% dei neonati e dei bambini fino a 5 anni è figlio di almeno un genitore fumatore e il 12% ha entrambi i genitori fumatori. Circa un neonato su 5 ha una madre fumatrice.
FIGLI DEI FUMATORI A RISCHIO DIPENDENZA
Ma c’è anche un altro rischio legato al fumo nell’ambiente domestico, oggi considerato un fattore in grado di condizionare le scelte dei figli. È stato uno studio appena pubblicato su Pediatrics a evidenziare come i figli di forti fumatori abbiano un rischio più alto di sviluppare la dipendenza in età adulta. Così, se fino a questo momento si era quasi certi che gli adolescenti prendessero confidenza con le sigarette per adeguarsi a uno status sociale, «oggi sappiamo che non sempre i figli si allontanano dai comportamenti di un genitore: questo studio dimostra l’esatto contrario, anche se non è ancora chiaro se esista un meccanismo epigenetico a regolare il fenomeno di emulazione», afferma Alessandro Oliva, responsabile del centro per il trattamento del tabagismo dell’ospedale Mauriziano di Torino.