«Il pollame è il principale serbatoio di questi microrganismi: la carne contaminata consumata non adeguatamente cotta e la mancata adozione di norme igieniche di base durante la manipolazione e la conservazione sono le cause più frequenti della trasmissione all’uomo della malattia - afferma Adriana Ianieri, docente di ispezione e controllo degli alimenti di origine animale all’università di Parma -. La sintomatologia, come quella della maggior parte delle tossinfezioni alimentari è di tipo gastroenterico: caratterizzata da diarrea, crampi addominali, febbre e vomito».
Iniziata poco più di vent’anni fa, la diffusione costante della campilobatteriosi - assieme ai casi documentati di infezione delle ostriche a opera del batterio vibrio parahemolyticus e all’emergenza Bse - evidenzia come le malattie di origine alimentare siano mutate molto, soprattutto nei paesi industrializzati.
PATOGENI EMERGENTI
I patogeni cambiano, evolvono, si adattano. E l’utilizzo eccessivo di antibiotici negli allevamenti non aiuta, anzi: la resistenza aumenta e i batteri sopravvivono tranquillamente. Molti di essi, nonostante l’ampia diffusione, sono ancora quasi del tutto sconosciuti. È il caso, per esempio della listeriosi che, assieme alla campilobatteriosi (approfondimenti a parte) e alla tossinfezione da escherichia coli verocitotossico, fanno segnare un trend in crescita in Europa negli ultimi sei anni.
Quest’ultima, attraverso una sua variante molto virulenta (sierotipo 0104:H4), fu responsabile nel 2011 di un’epidemia in Germania causata dal consumo di germogli di fieno greco crudi. Sono in calo, invece, le infezioni da salmonelle - principalmente delle specie typhimurium ed enteritidis -: oltre 91mila i casi riportati in Europa nel 2012, con una diminuzione rispetto al 2008 equivalente quasi a un terzo. In questo caso i principali serbatoi dell’infezione sono rappresentati dagli animali e i loro derivati: come carne, uova e latte consumati crudi o non pastorizzati. Ma anche l’ambiente, attraverso il consumo di acque non potabili, rappresenta un veicolo di infezione.
RISCHIO EPATITI
Tra i virus, invece, si guarda con attenzione all’aumento dei casi di epatite A ed E. Se per la prima, piuttosto diffusa anche in Italia negli scorsi mesi, l’indice risulta puntato contro i frutti di bosco surgelati e consumati crudi, le responsabilità dell’aumento di casi di epatite E in Gran Bretagna sono da ricercare nella carne suina, come dimostra anche uno studio pubblicato su Emerging Infectious Diseases. L’Italia, per dirla con le parole di Anna Rita Ciccaglione, direttore del reparto epatiti virali dell’Istituto Superiore di Sanità, «è un paese a basso rischio per l’epatite E, anche se il carattere subclinico dell’infezione favorisce una sottostima dei dati». Nel dubbio, però, vale la solita raccomandazione: meglio cuocere correttamente gli alimenti “sospetti”.
Formaggi freschi, gelati, carpacci di carne, pesce crudo, insalata: i cibi più consumati nel corso della bella stagione rappresentano una fonte di rischio per tutti i consumatori. «Gli alimenti cotti sono più sicuri: la maggior parte dei microrganismi non resistono a temperature superiori a 60-70 gradi», afferma Michela Barichella, responsabile del dipartimento di dietetica e nutrizione clinica degli Istituti clinici di perfezionamento di Milano. Le principali fonti di epidemie sono causate da uova, carne e pesce: con tutti i loro derivati. Nei bovini, nelle pecore e nelle capre, infatti, le tossine possono essere presenti a livello intestinale.
Così, durante la mungitura e la macellazione, le carni e il latte possono risultare contaminati. Non è da escludere nemmeno il contatto diretto con le feci degli animali: possibile, per esempio, quando si consuma verdura cruda non lavata su cui potrebbe essersi poggiata una mosca. «Tutto vero, ma è bene ricordare che la maggior parte delle tossinfezioni alimentari si realizza tra le mura domestiche - chiosa Ianieri -. Il primo passo, dunque, è conservare e manipolare correttamente gli alimenti. Nel frigorifero, oltre a mantenere una temperatura adeguata, occorre separare i cibi cotti da quelli crudi. Poi è necessario evitare la contaminazione crociata che si ha quando si utilizzano su alimenti pronti per il consumo, come la frutta, utensili messi a contatto con alimenti crudi».