Nuovo passo avanti nella lotta all'HIV. Un vaccino terapeutico, sviluppato già a meta anni '90, si è dimostrato capace di ridurre di oltre l'80% la quantità di virus latente, quello che i farmaci antiretrovirali non riescono a controllare. I risultati, frutto di uno studio tutto italiano pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology, suggeriscono che attraverso questo approccio sarà forse possibile gestire al meglio la somministrazione dei farmaci contro il virus miglirando così il trattamento dell'AIDS.
Premessa numero uno: HIV e AIDS non sono sinonimi. L’AIDS è una patologia causata dalla presenza del virus HIV. Quest’ultimo, infettando in maniera specifica le cellule del sistema immunitario, rende le persone affette più vulnerabili a molte malattie che generalmente, nelle persone sane, non creano particolari problemi. Essere sieropositivi per l'HIV vuol dire essere entrato in contatto con il virus. Questo però non significa che necessariamente si svilupperà immediatamente l'AIDS ma è solo questione di tempo. Fondamentale è il trattamento farmacologico precoce attraverso i farmaci antiretrovirali, molecole che hanno contribuito a salvare milioni di vite. Molecole che agiscono interrompendo selettivamente i meccanismi di cui il virus si serve per replicarsi e infettare nuove cellule. Oggi, se trattata precocemente, una persona sieropositiva ha la stessa aspettativa di vita di un non sieropositivo.
VIRUS LATENTE: IL VACCINO NE RIDUCE LA QUANTITA'
Premessa numero due: quando si parla di vaccini generalmente ci si riferisce ad uno strumento che ha l'obbiettivo di prevenire alcune malattie. Una definizione corretta che però negli anni ha assunto un significato più ampio. Ad oggi esistono infatti anche i vaccini terapeutici, strumenti in grado di stimolare la risposta immunitaria anche quando si è già in presenza della malattia. Un esempio sono i vaccini teraputici contro il cancro. Nel caso dell'HIV a metà anni '90 viene sviluppato TaT, un vaccino capace di agire su quello che gli esperti chiamano virus latente. Una particolare forma di virus che non può essere eliminato dagli antiretrovirali poiché, senza replicarsi, rimane in alcune cellule sotto forma di Dna virale. Un vero e proprio serbatoio che rimane invisibile al sistema immunitario. Testato per 8 anni su 92 individui sieropositivi e in cura con antiretrovirali, TaT si è dimostrato capace di ridurre la quantità di virus latente con una velocità in media 4-7 volte maggiore rispetto a quella osservata nelle persone trattate con i farmaci oggi disponibili. Un vaccino dunque capace di agire sul virus ma - è bene ricordarlo - che non previene il contagio.
Un risultato importante che ora apre a scenari inaspettati. Potendo agire sul virus latente gli scienziati avranno il modo di ripensare a come oggi vengono somministrate le terapie. In particolare a beneficiarne potrà essere la gestione clinica a lungo termine. Potendo ridurre molto la quantità del virus sarà infatti possibile ridurre il ricorso agli antiretrovirali diminuendo così la tossicità associata ai farmaci e migliorando l'aderenza alla terapia e la qualità di vita. Prossimo passo sarà ora quello di testare il vaccino su un più ampio numero di persone. Nell'attesa la ricerca è tutt'altro che ferma: nel prossimo futuro il trattamento dell’HIV sarà rivoluzionato dalle «long-acting drugs», le molecole a lunga durata d’azione. L’assunzione di queste nuove formulazioni non avverrà più per bocca ma attraverso iniezioni intramuscolari che attualmente vengono somministrate una volta al mese o una volta ogni due mesi. In futuro, però, gli intervalli potranno essere anche più lunghi. Sperimentate da qualche anno, queste formulazioni hanno identica efficacia rispetto agli antiretrovirali classici.
