Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca del Cra-Nut (il Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), qual è il vantaggio più significativo che trarranno i consumatori dall’introduzione delle nuove etichette?
«L’abbinamento della lista degli ingredienti alla tabella nutrizionale darà l’idea dei singoli apporti e di come questi influiscano sul bilancio energetico quotidiano. Con la nuova etichetta anche chi è allergico e chi esclude alcuni ingredienti dalla dieta per ragioni etiche avrà modo di non sbagliare».
Una tabella nutrizionale più completa può contribuire a rendere più salubre il profilo degli alimenti confezionati?
«Senza ombra di dubbio. Questo ulteriore sforzo in termini di trasparenza obbligherà i produttori a diventare più competitivi e immettere sul mercato alimenti più adatti a quelle che sono le richieste dei consumatori. Oggi c’è l’abitudine diffusa a mangiare in maniera più sana, per cui è prevedibile che questo orientamento condizioni in maniera decisa le scelte delle aziende alimentari».

Quali sono i rischi che deriveranno dal mancato obbligo di indicazione degli stabilimenti di produzione e confezionamento degli alimenti?
«Saranno inferiori a quelli temuti. Molte persone storcono il naso quando scoprono che un alimento non è prodotto e confezionato in Italia. Ma è una questione soprattutto psicologica: i rischi non cambiano così tanto tra un Paese e un altro dell’Unione Europea».
Cos’altro resta da fare, a questo punto?
«Il regolamento uniforma per la prima volta la legge in questo settore, a livello europeo. Ma se sui grassi siamo sulla strada giusta, per gli zuccheri restano diversi gli interventi da apportare. Al momento basta non aggiungere il saccarosio a un alimento per utilizzare il claim “senza zuccheri aggiunti”. Così, però, si trascurano tutte le altre molecole che, per intero o sotto forma di sciroppi, vengono addizionate e contribuiscono ad aumentare l’apporto complessivo di zuccheri».
Basterà questa piccola rivoluzione a migliorare la nostra dieta o continua a essere necessario valutare l’opportunità di strumenti più drastici, come i semafori?
«Con questa etichetta, che molti produttori adottano già da qualche mese, si può lavorare sul grado di consapevolezza del consumatore. Il semaforo che classifica gli alimenti, che è già costato alla Gran Bretagna una procedura da parte dell'Unione Europea, non è di aiuto, in questo senso. La scelta degli alimenti non può avvenire soltanto in base alle chilocalorie che contiene. Altrimenti finiremo per preferire una bevanda dolce senza zucchero all’olio extravergine di oliva».
